venerdì, agosto 05, 2005

mascotte sì mascotte no


Una simpatica curiosità del Campo Estivo...
Il cucciolo Spiffi (beh, cucciolo si fa per dire...), chiamato in questo fine settimana anche Bobi, Bubu, Bau e con tutti gli altri possibili nomiglioli che iniziano con la "b" ai quali per altro ha sempre risposto (?!?), è stato da subito molto socievole con tutti i presenti: ha scodinzolato, fatto feste, dispensato leccate, si è fatto portare a spasso al guinzaglio e anche senza... Evidentemente voleva essere eletto a mascotte, ma nessuno sembrava accorgersene. Così, al momento dei saluti, deve aver pensato "o adesso o mai più": fiero e tutto serio si è messo all'interno del cerchio del "canto dei saluti", quasi a partecipare a quel momento solenne.


Insomma Iseo1, me lo date un totem???

Spiffi
(in attesa di totem...)

Campo estivo


Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione dell'ormai tradizionale commento di Wontolla sul Campo Estivo 2005, ma come si suol dire, "meglio tardi che mai"...


Le previsioni che ci danno in televisione sono decisamente favorevoli: mercoledì pioggia, giovedì sera e venerdì mattino pioggia, fine settimana bel tempo.
Lieti che il nostro campo abbia il favore delle stelle, ci prepariamo per la partenza.
Sabato mattina discreto bel tempo, con sole e qualche nuvola.
Al distributore di benzina incontro con Toni anche lui pronto per il viaggio, senza Adriana che ha purtroppo problemi di salute.
Con lui sale Giancarlo, con me c’è Grazia. Silvano dovrebbe essere in partenza all’incirca nella stessa ora.
Traffico tranquillo e sole, come nelle previsioni.
Arriviamo a Presagnol con pochi minuti di ritardo su Silvano, accompagnato da Chiara e Stefania.
Provvediamo per le bandiere e rizziamo anche una tenda. Non si sa mai che si possa dormire all’aperto.
L’aria frizzante stimola l’appetito e ci rifocilliamo con un’ottima pastasciutta alla scamorza, formaggi e crostata.
Andiamo a mettere il cartello indicatore del campo all’inizio della strada sterrata, quasi scomparsa sotto il crescere dell’erba.
E’ un ingrandimento del timbro del Gruppo e fa veramente una splendida figura.
Nel pomeriggio, attorno alle 15,30 arriva Nereo con Eli, Giulia e Lucia. Apprendiamo che Enrica ed Erminio non potranno essere presenti perché la figlia di Erminio ha avuto grossi ed improvvisi problemi di salute.
Il pomeriggio scorre tranquillo.
Nereo che ha fatto un corso di scultura nel legno ha con sé tutta l’attrezzatura e comincia a intagliare una paletta che servirà per voltare i cibi che cuociono nella padella.
Nel frattempo Toni e Silvano si danno da fare per predisporre l’impianto idrico per mezzo di una canna per innaffiare, in quanto il tubo rigido si è rotto.
Fatto questo si passa all’impianto elettrico predisponendo l’illuminazione sul trave di legno del soffitto della sala.
Da ultimo si “confeziona” un tavolo con due assi da cassero incernierandole tra loro.
Il tempo è trascorso veloce ed in lieta armonia.
Chi taglia la legna e chi controlla, metro alla mano che la lunghezza dei pezzi sia giusta.
La nicchia di legno che fatta da Diego è ancora al suo posto e riceve un vasetto di fiori per rallegrare l’ambiente, come se ve ne fosse bisogno. Però la si adorna anche con il cappellone e con i baschi su cui scintillano gli stemmi ASCI. Un basco nero, simbolo del glorioso passato anni ’60 ed un basco rosso, simbolo odierno. Nel segno della continuità.
Ma come sempre le previsioni non sono azzeccate ed incomincia a piovere.
La tenda rimarrà solo come coreografia, perché in casa c’è la possibilità di oltre undici posti letto.
Per cena risotto con gamberetti, filetti di trota cucinati da Grazia, filetti di persico del Nilo, bignolata e torta gigliata (il giglio realizzato con lo zucchero a velo) al sambuco mandata da Scoiattolo Sorridente in sua rappresentanza.
Smette di piovere e si può uscire all’aperto. La pausa è breve e ricomincia la pioggia.
Andiamo a letto presto, il ticchettio sul tetto dà l’impressione di essere nella tenda. Per noi è ormai abitudine che piova quando si è da qualche parte in tenda.
Alle sette del mattino sveglia. Non dichiarata, ma buona parte di noi si alza lo stesso perché la luce filtra dalle finestre le cui ante sono rimaste aperte.
Il sole splende spuntando dietro la cima dei monti. Poche le nuvole. Riprendiamo fiducia nelle previsioni del tempo.
All’alzabandiera una novità. Siamo in pochi, è vero, solo quattro, ma schierati come si deve e cantiamo Fratelli d’Italia per accompagnare la bandiera che sale. Alla fine il grido “San Giorgio” cui risponde “Italia”.
Una piccola novità, ma che riflette i vecchi tempi, quando ci si metteva ordinati in quadrato per l’alzabandiera. Non si sa mai che sia veramente un ritorno alle dovute regole di comportamento scout.
Per fare una fotografia con le bandiere mosse Toni cerca disperatamente di far vento con il rastrello. Fatica inutile.
Una telefonata agli amici che debbono ancor arrivare e che ci confermano di essere in viaggio.
Un sonnellino ristoratore dimostra la internazionalità del nostro campo. Se infatti si fa mente locale, non si può dimenticar che Lee Marvin era tra noi, assonnato e ostentava indifferenza, mentre noi neppure ci siamo accorti della sua presenza.
Già che ci siamo spostati dalla casa per motivi di ricezione telefonica, decidiamo di fare una passeggiata.
Riccardo, Giancarlo, Lucia e Giulia scendono a valle attraverso il bosco. Raggiunta una cascina chiedono informazioni per la chiesetta che dovrebbe essere dall’altro lato della valle. L’interlocutore, che ben conosce Silvano, ci dà le indicazioni del caso, dicendoci che dista circa un chilometro e che alle 10 verrà celebrata la S. Messa.. Scopriremo che i suoi chilometri hanno una insolita lunghezza.
La valle è tutta costellata di casette sparse sulla costa del monte e nei prati.
La chiesetta ha pochi anni, è del 1981 ed è sorta nuova, non su ceneri di altra più vecchia.
Accanto è stato rizzato un grosso tendone, perché c’è la festa del luogo.
Non c’è il sacerdote, non gli addobbi, ma solo una signora che sta preparando i fiori. Sono le 09,45 e quasi decidiamo di fermarci per la S., Messa. Rinunciamo perché dovevamo stare via poco tempo ed i telefoni non prendono.
Per non rifare la stessa strada indica di proseguire sull’asfalto sino a raggiungere il collegamento con la strada per l’Aprica. Anche le sue indicazioni sulla lunghezza dei chilometri alla fine ci lasciano perplessi.
Il caldo è tanto. Il sole splende da quando abbiamo lasciato la casa di Silvano e per tutta la passeggiata.
Incontriamo molti che si recano in auto alla festa. Tutti ci guardano con aria strana perché siamo in divisa e con il cappellone. Alcuni ci salutano tra cui casualmente un insegnante iseano che scambia due parole con noi e poi vede Lucia che era un poco distanziata e nuovamente si ferma a chiacchierare. Da lui apprendiamo che la S. Messa non era programmata per le 10, ma per le 11 e questo giustifica la mancanza del sacerdote e degli addobbi che ci aveva lasciati perplessi.
Anche dalle case che vediamo lungo il tragitto, se ci notano escono a guardarci con aria incuriosita, a volte salutando altre no.
Ci salutano invece tutti i pochi ciclisti incontrati, che hanno affrontato la dura salita .
Da lontano vediamo che da Silvano sta arrivando un’auto, ma non riusciamo a distinguere chi siano gli amici.
Finalmente siamo vicini alla meta, sono circa le undici, attraversiamo in discesa il bosco e sentiamo vicine le voci che cerchiamo di distinguere per sapere chi è arrivato.
Sono con noi Fabio e Lia, Diego, Natalia, Franco e Nini, Flavio e Anna, Ottavio con la piccola peste Papee e Gabriella e Alessandra.
Pinuccia, suor Giovanna, non è potuta venire per un sopraggiunto impegno.
Felicità nell’incontrarci ancora una volta insieme, grandi saluti poi si formano i piccoli crocchi per chiacchierare o per svolgere qualche attività.
Silvano e Nereo preparano la carne per il “cus” e poi come sempre l’addetto in cucina è Silvano, con la collaborazione di Chiara, Grazia ed altri che si sono avvicendati ai fornelli.
All’esterno sul consueto treppiede cuoce la polenta e più di uno si alterna a mescolarla.
Allegra e numerosa compagnia, ben ventitre persone.
Polenta, “cus”, stinco salmistrato, arrosto, formaggi, macedonia e dolci, tanti dolci.
Crostata di mele, strudel, bignolata e la torta regina portata da Ottavio anche per festeggiare il suo compleanno maturato pochi giorni prima. E’ una torta alla panna ove si legge “val Silvan” e presenta un grosso giglio ASCI in insolito coloro rosso, forse perché era il colore del giglio dei rover.
Durante il pranzo, viva le previsioni, ricomincia a piovere. Fortunatamente non troppo a lungo per cui possiamo tornare all’aperto.
Ottavio distribuisce a ciascuno una grossa busta da cui esce un quadretto con il disegno del totem di ognuno, con sotto a chiare lettere il totem ed il nome.
La sorpresa è grande e ognuno resta ammirato del proprio quadretto e rapidamente lo nasconde perché non si rovini, non senza prima averlo mostrato ed aver guardato quello di tutti gli altri.
Qualcuno sente il richiamo della sdraio e schiaccia un sonnellino.
Nereo continua la sua attività scultorea e dopo aver fatto la paletta ed un cucchiaio, prende a scolpire un mestolo. Piccolo se vogliamo, ma necessario per l’assaggio del brodo per valutare se correttamente salato. E poi ovviamente lo fa provare a Silvano che però, per via dei baffi, chiede che si facciano degli appositi intagli per favorire l’avvicinamento alla bocca.
Ottimo ed abbonante il pranzo, ma l’aria della montagna stuzzica l’appetito e non fosse per quello il fatto stesso di poter mangiare all’aperto, sul vecchio tavolo di legno nella cornice dei monti e del bosco, è motivo per ricominciare.
Pancetta, salame di pecora, formaggi ed il resto dei dolci. Pochi sono quelli che si tirano indietro. Sembriamo proprio dei morti di fame.
Ma anche le mucche, di cui sentiamo l’avvicinarsi dai campanacci che lanciano il loro segnale sempre più insistente e sempre più forte.
Giungono a lambire il reticolato che divide la proprietà dal resto. Una in particolare si lascia grattare la testa da Flavio come se fosse un bravo cagnolino e non si muove più. Idea geniale: mungiamola dice Flavio.
Ed ecco che spunta un bicchiere gigliato, il più adatto per l’occasione, e Flavio si trasforma in mungitore. E’ la scena più simpatica del campo. Qualcuno storce il naso al pensiero di bere latte appena munto ed ancora caldo, altri lo assaggiano con gusto.
Peccato non poterne mungere un’intera secchiata. Ma non è ancora detta l’ultima. Anche un cappellone può ben servire come recipiente e mentre il bicchiere gira di mano in mano Flavio munge sul cappellone schiacciato ad incavo e poi lo fa girare. Qualcuno non si aspettava e non credeva che il cappellone serva, come sempre è servito, anche da bicchiere.
S avvicina l’ora di partire. Si richiama l’attenzione sul momento dell’ammaina bandiera, ma Fabio reclama i nostri canti, non solo il Canto dell’addio e la proposta è accolta favorevolmente da tutti.
Intonati o stonati non importa, ci raccogliamo in cerchio mentre chi non era scout resta ad osservare dall’esterno. Canzoni allegre, canzoni tristi, ma pur sempre le nostre care canzoni che ci accompagnano da tanti anni.
Da ultimo il Canto dell’addio anche se non tutto, anche se solo alcune strofe più significative.
Scende la bandiera, la si ripiega ed il campo è ufficialmente chiuso.
Tanti saluti, tanti abbracci ed un sicuro desiderio: quello di ritrovarci ancora a breve, eventualmente nella nuova località messa disposizione da Fabio, sopra Sulzano. Non si sa mai che divenga come le altre una tappa “obbligatoria” del nostro cammino.

Wontolla