sabato, gennaio 20, 2007

Campo d'Inverno 2007


Alle sette e quindici minuti suona il telefono. È Beppe che già si trova sul cancello della casa di Flavio, pronto per gli ultimi preparativi.

Alle sette e quaranta ci sono Riccardo e poi Toni ed infine alle otto puntualissimo arriva Silvano.

Non c’è Ottavio, purtroppo debole per l’influenza che ancora non l’ha del tutto abbandonato. Silvano aveva pensato di rimandare il tutto, ma la combinazione dei primi giorni dell’anno, quando tutti possono avere disponibilità di tempo ci ha indotti ad ugualmente partire. Non avremmo saputo quando ci sarebbe stata nuovamente questa possibilità per un campo invernale.

Beppe si lamenta perché gli era stato detto di essere pronto alle otto per la partenza. Flavio si lamenta perché Beppe lo ha tirato giù dal letto prima del previsto.

Tutti si accomodano davanti ad un fumante caffé con qualche biscotto e qui hanno fine le lamentele.

Silvano ha portato dei grossi teli di polistirolo che dovranno servire a provvisoriamente ricoprire il tepee e quindi necessita che un’auto parta con i bagagli. Ne approfittiamo per spedire anche un piccone e la motosega. Toni si presta e Beppe gli fa compagnia.

Decidiamo che le tende non servono in quanto il tempo è bello e non è prevista di pioggia. Se dovesse fare freddo avremmo sempre la copertura del tepee.

L’auto si allontana e Flavio, Silvano e Riccardo si avviano a piedi.

Il bosco è tranquillo, anche gli animali che di solito lo abitano sembrano scomparsi.

Il fondo è tutto pieno di foglie secche, non macerate dall’acqua e dalla neve che ormai mancano da troppo tempo. Ripercorriamo lo stesso itinerario dello scorso anno. Scherziamo sulla difficoltà che c’era stata in alcuni passaggi con la neve alta, ci soffermiamo negli stessi luoghi e facciamo qualche fotografia.

Quando poi arriviamo al capanno di Estevan (non è più suo, ma ormai il nome è assegnato) troviamo l’auto di Toni già vuota. Alcune cose le hanno lasciate per strada, sul tavolo di Estevan e più sopra sull’altro, sito sul piccolo piano. Nel frattempo però hanno scaricato i teli, gli zaini e tutti gli altri accessori che ci siamo portati.

Giunti al tepee per prima cosa compaiono la bandiera d’Italia e quella di Gruppo e ci prepariamo per l’alzabandiera. Il cordino che era legato all’antenna è scomparso, forse logorato dal tempo, forse asportato; questo ci impedisce, avendo poco tempo, di provvedere come al solito, non potendo smontare tutto il portale per abbassare l’antenna e rimettere il cordino.

Un alzabandiera di fortuna ci soccorre: a cavallo di un ramo si getta un ciocco legato al cordino ed ecco fatto il pennone di fortuna.

Decidiamo che deve essere fatto uno spuntino.

Silvano lavora di piccone e dissotterra le bottiglie di vino lasciate il Venerdì Santo.

Compaiono pane salame e formaggio. Tutti hanno portato il loro bicchiere gigliato. Non è certo stato necessario ricordarlo prima di partire.

Uno spuntino e poi si attacca il lavoro.

Flavio decide che la parte bassa del tepee deve essere colmata, ma per evitare che il dislivello costringa ad uno scavo troppo profondo dal lato opposto decide che dovremo mettere dei tronchi da ricoprire poi di terra.

Beppe si incarica del lavoro di motosega. Flavio lavora di piccone, Riccardo fa da manovale, Toni e Silvano inchiodano a delle pertiche i teli per ricoprire la parte alta del tepee. Quella bassa era già stata ricoperta qualche giorno prima, su proposta di Silvano. insieme a Flavio e Giancarlo si erano recati in loco ed avevano paludato il tepee con teli neri di polistirolo e poi lo avevano tutto avvolto con domopack.

Certo che così il tepee fa uno strano effetto: traslucido dove c’è il domopack che ha sostituito i brandelli di tela che erano venuti via, nero in altri punti, con le pertiche appoggiate all’esterno che reggono i teli neri.

Il lavoro prosegue più alacremente del previsto e nonostante lo spuntino di mezza mattina l’appetito si fa sentire.

Nel frattempo è stato acceso il fuoco ed all’interno del tepee il caldo si fa presto sentire. Uscendo si avverto il notevole sbalzo di temperatura.

Evidentemente la fasciatura con il domopack è un ottimo isolante.

Silvano come sempre si dedica alla cucina e sforna un’ottima pasta alla mozzarella. Piatto unico per non appesantirci oltre.

Ne approfittiamo anche per qualche telefonata onde avvertire a casa che tutto va bene. Come al solito c’è difficoltà nel trovare il campo e dobbiamo spostarci qua e là sino a quando il telefono riesce a predere la comunicazione.

Si ricomincia l’opera e per quanto non lo si pensasse credibile l’interno del tepee piano piano si trasforma ed assume un andamento del tutto pianeggiante. A questo punto parrebbe di aver finito, ma la fantasia non manca. Ecco Beppe che torna al lavoro con la motosega ed in poco tempo vengono create due panche di legno poggianti su tronchetti debitamente scavati per accogliere il trave orizzontale.

La sera arriva presto, siamo ai primi di gennaio e le giornate sono corte.

Non rimane altro che rintanarci nel tepee dove Silvano torna ad affaccendarsi con i fornelli.

Visto che ormai l’interno è piano preleviamo una delle panche esterne e la trasferiamo all’interno dove, ricoperta da uno dei teli neri, fungerà da tavolo da cucina.

Questa volta ci ammannisce ravioli in brodo, vero brodo di cappone. Lo ha portato Beppe e Silvano lo ha cucinato a casa per evitare il troppo tempo che gli sarebbe poi stato necessario.

Rimane però sul fuoco ancora una buona oretta. Scodella i ravioli, ottimi, taglia il cappone con gli occhi di tutti puntati su di lui nel dubbio che riesca a farlo cadere in terra.

È di tali dimensioni che pur avendone mangiato in abbondanza non siamo riusciti a finirlo.

Flavio toglie dal taschino il canzoniere ed incominciamo ad intonare i nostri canti scout. Forse non tutti, ma ne abbiamo cantati moltissimi.

Alla fine, non abbiamo guardato l’ora, ma decidiamo che la giornata è stata abbastanza intensa e che è ora di andare a dormire.

Portiamo fuori le panche, stendiamo le stuoie di polistirolo, nere come i teli che abbiamo messo attorno al tepee, ma più spesse, e prepariamo ognuno il proprio giaciglio. Si pensa che la notte ci avrebbe portato freddo, così come l’anno scorso, ma abbiamo la fortunata sorpresa di una temperatura mite che ci accompagna sino al mattino.

Come sempre quando giunge l’aurora l’aria si raffredda e poi incomincia anche a soffiare un vento non troppo gradevole.

Beppe si stira, ha voglia di alzarsi. Riccardo lo vede e si alza con lui, mentre dalle “finestre” di domopack entra la luce. Si portano sino alla piccola colma che c’è prima di arrivare al tepee ed in quel momento vedono che il sole, per loro ancora nascosto, illumina le cime attorno al lago, sino alle Orobie che sono coperte di neve. Lo spettacolo sarebbe incantevole se non vi fosse una fitta foschia che ricopre tutto al di sotto. La sua superficie diviene rossa per il sole, sotto grigia ed impenetrabile.

Pochi minuti dopo mentre stanno tornando al tepee ecco che tra le piante arrivano i primi raggi. La giornata promette di essere bella, con il cielo sereno ed il sole che scalda.

Al momento però soffia un venticello fastidioso.

Si alzano tutti, con comodo, tanto non c’è alcuna fretta.

Le bandiere ammainate alla sera ricompaiono per il nuovo alzabandiera accompagnato dall’Inno d’Italia.

Subito dopo Silvano si dedica al caffé, poi apriamo il panettone che ha portato. Caffé e panettone. Cosa si può desiderare di meglio?

Non c’è acqua e non ci si può lavare, ma per i capelli arruffati si può ben provvedere. Flavio sia arma di pazienza e chiodi e costruisce un pettine un poco pericoloso, ma funzionante.

Svuotato il tepee dai sacchi a pelo, dagli zaini, dai teli, ci riportiamo le panche create il giorno prima.

Già che ci siamo decidiamo che è l’ora di brindare e la bottiglia di Franciacorta che avrebbe dovuto accompagnare il panettone al posto del caffé viene aperta attorno al fuoco e con gioia brindiamo a noi stessi.

È solo un attimo di pausa per decidere cosa ancora necessita fare.

Ritelefoniamo a Giancarlo per sapere se lui e Franco verranno a trovarci.

Telefona Ottavio che vuole notizie e che ci comunica di avere ancora addosso i postumi dell’influenza e che quindi non verrà neppure a pranzo, cosa che invece avevamo sperato.

Si riprende il lavoro, ma non più all’interno del tepee; lì rimane solo da togliere la parte di terreno dove arde il fuoco e poi scavare una buca per contenerlo e decidiamo di rinviare alla prossima uscita. Questo ci permetterà di guadagnare notevole spazio, dal momento che per contenere il fuoco necessita sempre fargli la sponda con la terra e sono dei bei centimetri in più da fruire per muoversi liberamente all’interno del tepee.

Chiodi e motosega consentono di creare un ripiano, appollaiato nell’incavo di tre piante, da fruire per deposito oggetti vari, in particolare della cucina.

Sul palo che cautelativamente è stato messo a sostegno intermedio si crea lo sgocciolatoio per i bicchieri.

Alla fine di tutti i lavori mancherebbe solo il ripostiglio per gli abiti.

Passano alcune persone, gli amanti delle passeggiate in montagna. Una si ferma a chiacchierare un poco e scopriamo che è stato lui a mettere il telo impermeabile sul tavolo.

Quando apprende che siamo stati noi a realizzare il tepee e che intendiamo ripristinarlo, subito si offre di portare del telo impermeabile da stendere attorno al telo che porteremo noi, per meglio proteggerlo. Poi si guarda intorno e pensa che si potrebbero costruire altri due o tre tepee. Un intero villaggio insomma. Non commentiamo questa sua idea, ma prendiamo atto di buon grado che intende partecipare alla ricostruzione e sicuramente lo chiameremo vista la sua disponibilità e visto che ha più volte portato i figli a giocare nel tepee, lo ha ripulito e lo ha tenuto in ordine.

Si avvicina l’ora di pranzo e con due robusti bastoni si provvede a preparare il twist. Da buon cuoco Silvano lo punzecchia, per evitare che si gonfi all’esterno e resti crudo all’interno, con il pettine dopo averlo debitamente disinfettato soffiandoci sopra. Questa volta il twist è meno stirato e cuoce veramente bene anche all’interno.

Scoccano le undici e trenta ed ecco arrivano Franco e Giancarlo che si uniscono alla compagnia.

Sul fuoco cuociono spiedini, costolette di agnello, pancetta. Si prevede un pranzo luculliano e come sempre sin troppo abbondante.

Per stuzzicare l’appetito qualche fetta di salame e di formaggio e poi la mostarda che non era stata finita con il cappone.

Si fa fatica a finire tutto, ma non è neppure giusto che si possa buttare via tutto quel buon cibo.

Arriviamo in fondo al pasto, un buon caffé corretto (chissà perché in queste occasioni spunta sempre la bottiglietta) e poi incominciamo a pensare al ritorno.

Beppe costruisce la “sgarnera”, la scopa fatta di rami e ripulisce la parte del campo che ne ha necessità.

Quello che non può essere buttato sul fuoco è raccolto ed affidato a Franco e Giancarlo che ripartono prima di noi. Gli altri bagagli ce li caricheremo in spalla come sempre, insieme agli zaini.

Sono stati due giorni brevi, ma intensi, abbiamo lavorato per preparare il terreno al rinnovato tepee e quindi contenti del nostro operato riprendiamo il cammino del rientro poco prima del calare del sole.

mercoledì, gennaio 03, 2007

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