mercoledì, ottobre 22, 2008

Campo del Venerdì Santo 2007


Minaccia di essere bel tempo. È incredibile che avvicinandosi il Venerdì Santo non ci siano nuvole in cielo e non sia imminente la pioggia.
Quest’anno è il 45° della Croce e sicuramente anche il tempo vuol concorrere a farci festeggiare in serenità la nostra ricorrenza.
Non tutti se ne ricordano, dopo tanti anni che salgono alla Croce spensierati, e non hanno contato quante siano state le volte che sotto la pioggia o al sole, sotto la neve (ben due volte l’abbiamo trovata sui nostri passi) o con il vento, non sono mai mancati. Sembra quasi di canticchiare, anche nello scrivere: “… se la pioggia cadrà…”.
Già dal mattino sono presenti sul posto Piero e Luca e poi giungerà anche Josef, che ormai è diventato un assiduo.
Sempre dal mattino sono presenti Chiara e Gianluca, che però per motivi di lavoro dovranno scendere nel pomeriggio, salvo risalire a notte fonda.
Anche Giancarlo, Franco e Beppe sono presenti dal mattino. Hanno provveduto ad allestire parte del campo posizionando il telo al di sopra dei tavoli, sempre in previsione del mal tempo che potrebbe arrivare improvviso, e la rete tutt’attorno per tenere lontani i noiosi VP che sicuramente giungeranno a sera.
Hanno poi dissotterrato le bottiglie di vino invecchiato sotto terra. Erano state seppellite lo scorso anno e sono polverose e, si potrebbe dire, piene di ragnatele. Il contenuto sarà una incognita, ma da precedenti esperienze dovrebbe sicuramente essere buono.
Il campo incomincia a prendere forma, le prime tende vengono rizzate con i loro colori che rallegrano il bosco.
Franco e Beppe hanno raccolto una serie di ceppi contorti dal tempo e dalle intemperie e li ha piantati vicino al tepee. Danno l’idea di folletti che si siano avvicinati curiosi per vedere cosa accade nel nostro campo. Alcuni altri sono più alti, esili come elfi che si siano frammisti ai folletti in una strana fantasia di personaggi.
La vecchia Croce è lì, al campo. L’hanno posizionata dietro al tepee, comunque in posizione ben visibile, perché è il ricordo di tanti anni vissuti insieme sotto la sua ala protettrice. Ormai era ora di sostituirla sia perché la sua base stava allentandosi e minacciava di cadere, sia perché anch’essa era consunta dal tempo.
La nuova Croce è già posizionata e svetta nel cielo, di legno come la precedente, ma un poco più alta e fatta di pali tondi, impregnati di una sostanza che dovrebbe proteggerla dagli eventi atmosferici.
Il lago sullo sfondo è grigio, denso di una nebbiolina umida che ottunde i colori e l’orizzonte. Ma che importa, noi sediamo sulla Balòta e ci guardiamo attorno, compresi da quello spazio silenzioso che ci circonda.
Per pranzo arrivano anche Flavio e Riccardo, che provvedono a montare le loro tende.
Non manca la Mottarone, divenuta ormai un simbolo, anche se forse non sarà usata.
La mamma di Franco ci ha mandato il pranzo. Un ottimo baccalà in umido con olive e peperoncino al punto giusto, alla maniera della sua terra. Come secondo Franco prepara ancora del baccalà, filetti arrostiti alla griglia con aromi.
Da bere il buon vino disseppellito che riconferma la bontà di lasciarlo maturare sotto terra. Purtroppo i cavatappi dei coltellini non vanno abbastanza in profondità ed il tappo si spezza. Supplisce una vite lunga una spanna che viene impiantata nel sughero e strappata con il martello. Basta un poco di ingegno per cavarsi da ogni impiccio.
Dopo pranzo ci dedichiamo alla sostituzione del pennone della bandiera. Quello vecchio si è spezzato ed ora è troppo corto per e nostre esigenze. Troviamo un palo ancora in piedi anche se è legno morto e poco dopo abbiamo un pennone ancora più bello di quello che c’era prima. Anziché fissarlo al portale ed a terra, lo lasciamo basculante, perché così, se ci asporteranno nuovamente il cordino, avremo meno difficoltà a metterne uno nuovo, diversamente perderemmo tempo prezioso per fare l’alzabandiera.
Arrivano Enzo, Toni con il figlio Andrea matricola tra gli anziani, Fabio, del tutto inaspettato Diego, arrivano anche Mauro e Stefano ed oramai possiamo dire che mancano gran pochi dei nostri.
Arriva Silvano che come sempre porta tutto il necessario per la cucina e per i pasti e la struttura già predisposta per illuminare la Croce. Dobbiamo fare la spola per portare al campo tutte le masserizie dal campo base.
Una piccola pausa sul cammino per fotografare il nostro giglio appoggiato su un letto di muschio.
Nel vedere la fotografia, se non si sapesse che si tratta di muschio, si potrebbe pensare ad un distintivo mostruosamente grande appoggiato su una distesa di palme.
Scendiamo alla Croce e montiamo la struttura con le lampadine, dando vita alla consueta luminaria, che dimostra la nostra presenza sul monte e il nostro desiderio di richiamare su di noi anche l’attenzione di Colui che ci guarda dall’alto.
Al campo Toni si dà da fare con i fili elettrici e sistema sopra al tavolo una magnifica lampada che illuminerà la nostra cena per tutta la sera.
Ed eccoci appunto alla sera. Arrivano anche Nereo con Eli e Giulia, arriva Andrea di Prizio e tutti si fermano a cena con noi.
Silvano si dà da fare ai fornelli (non abbiamo ancora acceso il fuoco fuori dal tepee) e prepara una minestra di legumi, leggera perché siamo di venerdì ed anche il secondo sarà di magro.
Sul tavolo ci sono due bottigliette, l’una con un liquido giallino e l’altra con un liquido rossiccio. Sicuramente olio e aceto.
Qualcuno mette un poco di olio nella minestra per renderla più gustosa, ma più che gustosa la rende “inebriante”, scaldandosi le budella con il fuoco di vita.
Resisi conto che non erano né olio né aceto, chi più chi meno, tutti hanno festeggiato le anonime bottigliette.
Il tempo ci assiste, non tira il vento ed anche i soliti VP che vengono a far chiasso sono ridotti di numero e sono tranquilli.
È una serata molto particolare, perché è presente anche don Giuliano, fratello di Beppe e parroco in quel di Pievedizio che, scopriremo dialogando con lui, ha più volte portato i suoi ragazzi sul monte di Iseo ed in particolare alla Croce.
Non poteva essere un 45° più felice, perché il buon parroco scende alla Croce che già sta illuminando la notte e la benedice, così come poi benedice tutti quelli che sono presenti in quel momento e dopo si ferma al campo insieme a noi.
Non è la prima volta che un sacerdote si trova con noi alla Croce, ma in tanti anni è solo la seconda volta.
Molti anni addietro era salito don Ermanno, ma nell’occasione pioveva a dirotto e si era fermato sul viottolo che porta alla Croce, forse per timore di scivolare sulle rocce bagnate e di cadere. Al riparo degli ombrelli dei suoi ragazzi, aveva recitato alcune preghiere e poi era scappato via senza fermarsi al nostro campo, quasi neppure sapesse che erano presenti gli scout.
Don Giuliano invece era con noi, si è fermato con noi e la sua benedizione è stata estesa a tutti, scout e non scout.
Come già detto è il quarantacinquesimo (parola lunga come i 45 anni trascorsi ad oggi) e nel buio della notte, sotto la luce della lampada montata da Toni, compare una torta con la scritta “45 anni, 1963-2007”, il 1963 è stato il primo anno che siamo saliti ad illuminare la Croce e quindi deve essere contato.
I genitori di Stefano hanno pensato bene, pur non sapendo della ricorrenza, che una torta avrebbe fatto piacere a tutti ed allora ne hanno mandate due. I novizi debbono sempre pagare pegno.
In compenso sono poi comparse due bottiglie di Franciacorta ed un magnum portato da Nereo e la festa si è fatta grande.
Allegri e rimpinzati siamo scesi alla Croce per il saluto serale e per vedere se vi fossero i soliti VP o se, come pareva e come in effetti è stato, ce ne fossero molto meno dello scorso anno.
Molti ci erano noti, perché vengono tutti gli anni e perché si sono sempre trovati in armonia con noi. Calorose strette di mano, pacche sulla schiena e bottiglie al volo. Cosa contenessero è immaginabile, non certo gassosa o acqua minerale.
La notte è trascorsa tranquilla, il campo era immerso nel silenzio ed anche i VP quest’anno non sono stati particolarmente chiassosi nell’attraversarlo alle ore più impensate.
Comunque al mattino abbiamo scoperto che notte tempo Piero, Luca e Rudi, affamati come sono sempre i giovani, sono passati a rovistare sul tavolo ed hanno pensato bene di sgranocchiare quanto rimasto delle torte e non solo.
Guardandoci intorno cerchiamo di scoprire chi ha russato più degli altri. Tutte fandonie, tra noi non c’è nessuno che russi più degli altri, anche se per precauzione c’è chi distribuisce agli altri i tappi per le orecchie.
Il sole non è ancora sorto che già siamo in piedi, pronti per il lavacro mattutino e per il buon caffé che il solito solerte Silvano sta preparando.
Ci guardiamo assonnati e ci contiamo.
Non c’è Franco, che questa volta non si è fermato a dormire, non c’è Giancarlo che però ci raggiungerà nuovamente in mattinata in tempo utile per l’alzabandiera, ma soprattutto non c’è Ottavio che non è salito neppure ieri, Venerdì Santo. Non c’è perché non è riuscito a superare per tempo tosse, raffreddore e forse bronchite che è andato a prendersi in Germania. Pensare che non gli sarebbe stato necessario fare un viaggio così lungo: gli sarebbe bastato venire alla Croce per prendersi un malanno. Comunque lo salutiamo via filo dandogli la sveglia del buon giorno.
Per la prima volta si sono fermati a dormire Mauro e Stefano, in una tenda che ricorda le vecchie e gloriose Morettine, ormai del tutto introvabili perché superate dalle nuove generazioni di tende, ma sempre suggestive e piene di poesia.
La cerimonia dell’alzabandiera è come sempre semplice e solenne nello stesso tempo. Anche se siamo stonati cantiamo Fratelli d’Italia mentre Giancarlo issa la bandiera d’Italia e la nostra di Gruppo.
Decidiamo di fare una maglietta con la fotografia della Croce, perché d’ora in poi il nostro sarà il “Clan Balòta del Córen”. Necessita quindi una fotografia che sia adatta allo scopo. Purtroppo nuovamente il lago è velato come anche l’orizzonte e questo grigiore intristisce il risultato.
Mentre armeggiamo attorno alla Croce, posizionando l’alpenstock con il guidone, per avere sulla fotografia anche i nostri colori, giunge inattesa la telefonata di Franco che si congratula per la bella fotografia che stiamo facendo. Anche se non è salito al mattino, è stato presente con noi con lo spirito ed ha osservato la Croce sino a quando ci ha visti.
Nel frattempo Silvano ha finito di sistemare la cucina ed ha acceso il fuoco all’aperto, dove ha presentato la sua ultima opera: una piastra di ferro, munita di ganci e catena per appenderla al treppiede di legno. Non passa molto tempo prima dell’inaugu-razione. Compaiono polli, costate e salamine e la piastra incomincia a fare il suo dovere.
È stato preparato anche l’ormai immancabile twist. Seduti attorno al fuoco Giancarlo e Luca lo fanno cuocere e, vista l’esperienza ormai accumulata, questa volta riuscirà decisamente meglio e tutti faranno a gara per mangiarlo.
Come sempre per la paura di restare senza cibo ne è stato portato in abbondanza e purtroppo ne è anche rimasto. Ma non si deve dimenticare che spesso abbiamo ospiti inattesi ai quali non si può rifiutare “un tozzo di pane”, anche se è più facile che si presentino la sera del Venrdì Santo, come in effetti è puntualmente accaduto anche questa volta.
Dopo pranzo, con tutto comodo, incominciamo a smontare il campo. Qualcuno scende prima e lo oneriamo di qualche bagaglio da lasciate nei pressi delle auto al campo base.
Stoviglie e pentolame sono debitamente puliti, il campo viene lasciato in perfetto ordine, nel nostro consueto stile.
Ma prima di andarcene rimane un ultimo incombente: un giro al bivacco dei VP per raccogliere, come sempre, almeno un sacco pieno di immondizie. Tra le altre cose troviamo ancora bottiglie ancora intonse di vino o di birra. Forse è il prezzo che ogni anno inconsciamente vogliono pagarci i VP perché puliamo dove loro hanno lasciato sporco e disordine.
Spento il fuoco nel tepee, spento e ricoperto di terra quello esterno, nel bel mezzo del pomeriggio prendiamo la strada del ritorno.

In attesa del Venerdì Santo..

Questa volta non ci rechiamo alla Croce per il solito appuntamento del Venerdì Santo.
Dobbiamo provvedere alla sostituzione della copertura del tepee in quanto troppo ammalorata per lasciarla ancora in loco.
Non sarà presente Beppe, che non ha potuto liberarsi dal lavoro, non sarà presente neppure Fabio semplicemente per essersi dimenticato dell’appuntamento.
Bolis, non più scout ma sempre scout, che lavora alla Montecolino, appassionato di camminate in montagna, ha visto lo stato deplorevole del tepee e ci ha offerto in regalo il telo nuovo.
Già da tempo Ottavio ha provveduto a ritirarlo, ma sino ad oggi non abbiamo trovato il momento giusto per provvedere ai lavori del caso.
Quando abbiamo fatto il campo invernale di gennaio, è passato casualmente un certo Elio Dotti che si è fermato a chiacchierare con noi e ci ha detto che più volte aveva usufruito del tepee, portando anche i figli a vederlo e ad utilizzarlo.
Saputo che lo abbiamo edificato noi e che avremmo dovuto rifarlo, si è offerto di venire a lavorare e di portare un telo impermeabile da montare all’esterno. Ci ha fatto molto piacere constatare che il tepee è usufruito, con rispetto, anche da altri. Non abbiamo infatti mai dovuto lamentare atti di vandalismo e neppure abbiamo mai trovato l’interno sporcato con immondizie.
Unica cosa cui non abbiamo consentito alla richiesta di Elio è la realizzazione di un villaggio di tepee. Idea suggestiva, ma impossibile. Se un solo tepee è tollerato, non lo sarebbe certamente un vero e proprio villaggio, del quale poi non si saprebbe che fare.
Comunque eccoci sul posto. Franco, l’unico che ha il numero di telefono di Elio lo ha chiamato e come tutta risposta Elio è apparso con sulle spalle un gran rotolo di telo impermeabile traspirante.
Montiamo le tende, alziamo le bandiere in modo un poco informale, anche per quanto riguarda il pennone, perché, unico neo dopo tanti anni ci hanno asportato il cordino che fiduciosamente avevamo lasciato appeso.
Poco a poco togliamo il vecchio telo, sbrindellato, sforacchiato, ingrigito e consunto e lo bruciamo sul focherello acceso al di fuori del tepee. E’ talmente secco da bruciare come carta.
Siamo in tanti, ognuno con un suo incarico.
Franco e Giancarlo si dedicano alla realizzazione di una serie di pali che non vogliono al momento farci sapere a cosa serviranno.
Gli altri, Toni, Ottavio, Flavio, Riccardo ed Elio si dedicano prima di tutto a finire di smontare il vecchio tepee. Quando Toni dà l’ultima scrollata, tutta l’impalcatura geme e cade a terra.
Già sono pronti nuovi pali che costituiranno l’ossatura del nuovo tepee. Ottavio pone al centro un cavicchio e con un cordino segna in terra un cerchio attorno al quale vengono posizionati i nuovi pali. In alto, dove ci sarà il foro d’uscita del fumo, viene situato un anello di ferro, largo circa ottanta centimetri, che con il filo a piombo si pone esattamente al di sopra del cavicchio. Ecco che sorgono i primi pali fissati al terreno con una piccola buca e legati in alto all’anello.
Nel frattempo Silvano si dedica alla cucina realizzando un tavolo provvisorio con due grossi contenitori e con un’asse che era stata utilizzata quale barella per il trasporto delle masserizie.
Flavio va alla ricerca delle bottiglie sepolte per verificare se sono ancora in buono stato e soprattutto se il contenuto è bevibile.
Arrivano Luca, Piero e Mauro. Questi ultimi due piuttosto tardi, ma subito si danno da fare e lavorano come gli altri. Nel nostro gruppo di lavoro non ci sono gli scansafatiche.
Riccardo ed Elio salgono sulla scala e provvedono a fissare i pali che man mano vengono passati dal basso. Il nuovo tepee comincia a prendere forma.
Non potendo riuscire a completarlo in serata lo si ricopre in modo provvisorio con il telo bianco e nella parte superiore con i teli di polistirolo. Servirà comunque in modo egregio per passarvi la notte.
Nel frattempo all’esterno sorge una foresta di pali che non si capisce molto bene a cosa possa servire. Poi vediamo Franco e Giancarlo che prendono le misure da terra, segano i pali, vi posizionano sopra altri pali e come d’incanto sorgono due nuove panche. Per il tavolo la stessa procedura, solo che è realizzato con belle assi, portate da Franco, tagliate a regola d’arte e verniciate con impregnante. Al di sotto vengono posizionati altri pali traversi per fungere da poggiapiedi. Il lavoro ha preso la sua forma definitiva ed è ragguardevole come risultato.
Dopo pranzo Piero e Luca scappano perché impegnati altrove. Anche Mauro ci lascia.
Elio è sempre stato appeso al tepee, perché ha pienamente vissuto il desiderio di ricostruirlo. Unico suo neo che non ha mai smesso di fumare. Ritornerà anche il giorno dopo, collaborando attivamente al completamento del tepee, ma non smetterà di chiedere ad ogni persona che passa (e saranno tanti gli amici della montagna che vedremo transitare) il dono di una sigaretta. Le ha dimenticate e ci lascerà proprio perché caduto in crisi di astinenza.
Comunque dopo pranzo tutta l’intelaiatura è pronta. Avvicinandosi la sera decidiamo di coprire con il telo bianco fornitoci dalla Montecolino e nella parte alta, per esigenze di tempo, posizioniamo i teli di polistirolo. L’effetto non è dei migliori, ma è sufficiente per la provvisorietà.
All’interno viene fissato ai pali un tavolo pieghevole, subito occupato da Silvano con viveri, pentolame e quant’altro.
A cena ci raggiungono anche Nereo, con Eli e Giulia. Staranno con noi attorno al fuoco mentre cantiamo le nostre canzoni.
Quelli che si fermano a dormire, dopo aver vuotato del non necessario il tepee, stendono a terra i teli di polistirolo da usare quali materassi. Saremo in pochi, ma buoni, come si usa dire.
Poco lo spazio, l’ingegno si aguzza. Flavio pone il suo telo direttamente sotto il tavolo, forse con l’idea di poter avere fame nottetempo e di essere il più vicino possibile alle tentazioni.
È stata una giornata splendida, una volta ancora il tempo ci ha arriso, anche se nel periodo vi sono stati parecchi giorni di pioggia ed altri ne seguiranno. La fortuna è stata dalla nostra parte.
Il secondo giorno non è da meno. Alcune fotografie scattate dalla Croce lo dimostrano, anche se l’orizzonte è leggermente velato da quella, purtroppo costante, nebbiolina che aleggia sul lago.
Poco a poco il nuovo tepee prende forma. Il telo bianco fornito da Bolis lo avvolge integralmente e sembra una piccola gemma nel bosco. Al di sopra mettiamo il telo impermeabile che ha il difetto di essere nero dalla parte che dovrà restare all’esterno. Peccato, ma poco male se servirà a proteggere la struttura ed a farla durare più di quei cinque anni che è durata la prima.
Per l’opra di pranzo tutto è pronto.
Ci raggiunge Andrea Di Prizio, forse senza neppure sospettare che siamo qui, ma che ugualmente si sofferma un poco in nostra compagnia. Ci raggiunge anche Franco Colosio: visita inaspettata, ma sicuramente gradita di un vecchio scout.
Arrivano anche Anna, la moglie di Flavio, e Marietta, la moglie di Enzo, con il figlio Dario.
Nonostante il telo nero esterno il tepee è molto luminoso all’interno e soprattutto caldo.
Il tempo di sistemare la legna per non lasciare l’esterno in disordine, di far scomparire il fuoco livellandolo e ricoprendo di fogliame la zona e pare addirittura che non siamo mai stati qui.
Bene. Tutto è ormai pronto per il tradizionale e consueto appuntamento del Venerdì Santo. Non rimane che attendere lo scorrere dei giorni.